Mentre lo sviluppo tecnologico sta facendo entrare l’AI in tutti i comparti professionali e artistici, una sentenza USA sta facendo discutere perchè secondo un giudice federale un’opera d’arte creata dall’intelligenza artificiale “non è aperta alla protezione“.
Cosa vuol dire tutto questo? Che cosa sta accadendo in USA?
A più di 100 giorni dall’inizio dello sciopero degli scrittori, i timori hanno continuato a crescere sulla possibilità che gli studi cinematografici più grandi d’occidente (americani) utilizzino l’intelligenza artificiale generativa per scrivere completamente le sceneggiature.
La legge sulla proprietà intellettuale americana afferma da tempo che i diritti d’autore sono concessi solo alle opere create da esseri umani, e non sembra che ciò cambierà presto.
La spinta per la protezione delle opere create dall’intelligenza artificiale è stata guidata da Thaler, amministratore delegato della società di reti neurali Imagination Engines. Nel 2018, ha elencato un sistema di intelligenza artificiale, la Creativity Machine, come unico creatore di un’opera d’arte chiamata A Recent Entry to Paradise, che è stata descritta come “creata autonomamente da un algoritmo informatico in esecuzione su una macchina”. Il Copyright Office ha respinto la richiesta sulla base del fatto che “il nesso tra la mente umana e l’espressione creativa” è un elemento cruciale di protezione. Thaler, che si è dichiarato titolare dei diritti d’autore secondo la dottrina del lavoro su commissione, ha fatto causa al Copyrught Office contestando il rifiuto e il requisito dell’autorità umana.
Il giudice federale ha sentenziato che la legge sul copyright è chiara e che addirittura spinge “gli individui umani ad impegnarsi” nella creazione delle opere.
Questo cavillo insomma renderà quasi nulla la possibilità all’AI di sbarcare completamente nel cinema, delle redazioni, in ogni dove.
Siamo salvi?
Sì, ma per ora!!!!
PS. Il caso riguarda ovviamente l’America ma farà scuola anche qui.