Il mercato degli influencer sembra non conoscere crisi. Secondo un report di UPA (Utenti Pubblicità Associati), le aziende italiane a fine del 2022 faranno girare 294 milioni di euro per accaparrarsi i migliori influencer. Un dato che segna una crescita del +8% sul 2021.
Secondo lo studio di UPA che ha esaminato le posizioni dei propri associati, l’81% delle aziende italiane fa ricorso a questa leva di comunicazione soprattutto per cercare di raggiungere nuovi segmenti di consumatori, migliorare l’engagement o accrescere la brand equity. Per il 56% delle aziende intervistate da UPA, la spesa destinata all’influencer marketing è parte del budget media, per il 35% risiede nel budget marketing, mentre il 9% del campione dichiara di finanziare le iniziative di influencer marketing con il budget in comunicazione.
Ci sono inoltre altri dati da tenere in considerazione.
Al 64% degli intervistati da Toluna piace che un influencer di cui è follower racconti i benefici dei prodotti/servizi che prova, al 50% che sponsorizzi dei prodotti, al 46% che venda qualcosa in prima persona sui social. Il 49%, secondo il report, ha già acquistato prodotti proposti da influencer e il 47% dichiara che comprerebbe prodotti di una marca creata dall’influencer preferito. Il 57% li ritiene divulgatori di informazioni utili, in grado di condizionare lo stile di vita dei follower.
Si tratta di dati davvero molto interessanti che ci fanno capire come in Italia, questo mercato, è in crescita.
Questi dati ovviamente mostrano solo un lato della medaglia. Si tratta di un mercato sicuramente in fermento ma un dubbio ci viene. Effettivamente gli influencer convertono? La spesa in influencer marketing è utile?
Se consideriamo solo i dati relativi alla grandezza del mercato possiamo dire di Sì!
Altra cosa da dire però è che ci sono influencer ed influencer. Il problema dunque sta nella scelta.